Sta sera prendi due bandana. Quello rosso lo voglio sugli occhi. Si va bene lo metto io così non mi puoi tirare i capelli. légami. stringi un po' di più, sì, ecco, così. E' molto carino il tuo pensiero di usare un solo nodo semplice, così se volessi posso slegarmi da sola, ma non ne ho intenzione. Cosa desidero che tu mi faccia? Niente: sono alla tua mercè.
Nell'oblio di non vedere, di poter solo sentire la tua voce, le tue mani, tutto si amplifica nella tensione dell'attesa di ciò che farai. Io ascolto, non penso: lascio andare il mio corpo che risponda alle tue mani, che non sono più le tue mani, sono le mani del piacere, senza nome, senza passato, nate per morire in un momento.
Sei in balìa di sentimenti contrastanti, vedi il mio corpo come qualcosa di sacro, da rispettare e contemporaneamente vorresti profanarlo, violarlo. So che non lo farai, sento nella tua voce che il rispetto per il sacro è più forte, e lavora per tenere a bada quella curiosità capricciosa un po' da bambino che, con in mano una pratolina, inizia a farla a pezzi. Ti sento anche nell'imbarazzo di non sapere come muoverti. Non lo sai, ma ti stai muovendo benissimo: ogni tocco è un piccolo brivido di piacere, e ti basta vedere la mia languidità, il mio desderio espresso col mio corpo, con un sorriso e nient'altro per darti conferme. Ed ogni brivido una goccia di me per te.
Apro le gambe, ma non troppo. Giochi molto bene: ormai hai imparato a conoscermi a prendermi "alla larga" anche se l'invito è esplicito. Sai che mi piace fremere d'attesa di piccoli passi verso la mia intimità, sia fisica che emotiva, ogni piccolo passo una goccia di paicere liquido. Un sussulto, di piacere, quando la tua mano decide di sfiorarmi il clitoride. Inizi un gioco di presenze assenze, che mi fa impazzire, di passi lievi e pesanti, di carezze, piccole penetrazioni, di stimolazioni dell'altro buco.
Succhio le tue dita che sanno prima di niente, poi un po' di me, poi un po' di te, poi di entrambi. Questo gioco ti piace, ed anche a me. E succhio di nuovo, questa volta mi porgi il tuo amatissimo fallo. Lo succhio senza avidità, voglio solo bagnarlo, ma ti piace comunque tanto che non vorresti andartene di lì. Giochi di nuovo con la mia intimità, di mano, di fallo, di bocca: dai luogo a un singolare scambio di giocatori il cui incalzare aumenta il mio piacere, fino al culmine, il mio.
Ora tocca a te. La partita è sempre stata nelle tue mani, anche se più di una volta mi hai chiesto cosa desiderassi. Anche se il tuo titubar d'uccello sulla mia figa mi ha spinto a buttarti dentro di me attirandoti con le mie gambe.
Me lo hai chiesto ancora e ti ho risposto come prima, hai carta bianca. Quasi implorante, mi ha chiesto di guardarti ed abbracciarti mentre godevi dentro di me impetuoso come non mai. Avvinghiata godo del tuo impeto ad ogni spinta e godo del tuo orgasmo quasi fosse il mio.
Finito tutto? Oh no, un ultimo bacio: ti succhio di nuovo il fallo. ora sa di me e di te.
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